Passeggiata nella Pavia longobarda

Nonostante per due secoli Pavia sia stata la capitale del Regno Longobardo, le tracce del popolo delle lunghe barbe sono poco visibili. Viaggio alla scoperta di un’eredità nascosta e quasi dimenticata.

Dal 569 al 774 d.C., ovvero due secoli o poco più. Tanto è durato il regno longobardo in Italia, da quando re Alboino sconfisse i bizantini reduci dalla lunga e sanguinosa guerra contro gli Ostrogoti, a quando l’armata di Carlo Magno espugnò Pavia.
Due secoli fondamentali per la storia della nostra penisola, perché di fatto sancirono la frammentazione politica dell’Italia. Un’unità che sarebbe stata raggiunta stabilmente solo 13 secoli più avanti.
A differenza dei popoli che hanno dominato l’Italia e che ci hanno trasmesso un pezzo della loro identità e delle tradizioni, delle tracce longobarde se ne parla sempre assai poco. Forse il fatto che la storiografia li abbia sempre dipinti come un popolo rozzo di barbari invasori e oppressori ha contribuito e non poco nel far scivolare per lungo tempo l’epopea longobarda in secondo piano rispetto ad altri accadimenti.
Eppure l’eredità del popolo longobardo è parte integrante della cultura della Lombardia (e non solo), che ancora porta con sé tracce evidenti nel nome, nella toponomastica, e in molti termini di uso comune. Sono numerosi anche i monumenti che testimoniano il loro passaggio in molte regioni di d’Italia, alcune delle quali sono state riconosciute dall’Unesco patrimonio dell’umanità.

L’eredità dimenticata

Nella mappa dei siti italiani che costituiscono questo patrimonio manca però Pavia, nonostante la città sia stata capitale del Regno longobardo, vero e proprio baricentro delle vicende politiche, economiche e amministrative più rilevanti, superando per importanza città come Milano, Brescia e Monza, dove invece i Longobardi hanno lasciato importanti tracce della loro dominazione.
Perché nella capitale del loro regno i longobardi hanno lasciato così pochi segni tangibili? Per rispondere alla domanda si può citare Angiola Maria Romanini, storica dell’arte e accademica italiana, che attribuì a Pavia l’appellativo di “Atlantide sommersa”, quasi fosse un prezioso tesoro d’arte sommerso dalle acque.
In questo caso le acque sono rappresentate dall’intervento umano che nei secoli ha costruito nuovi edifici proprio sopra quelli dell’epoca longobarda. Il patrimonio artistico degli “uomini dalle lunghe barbe” è sopravvissuto solo a livello sotterraneo, nelle cripte, oppure tuttora celato da substrati, inglobato in murature, o reimpiegato in nuove architetture, in attesa forse di essere riscoperto.
Quindi non sarebbero state solo le devastazioni belliche e gli incendi a determinare il progressivo svanire delle testimonianze materiali dei longobardi a Pavia, ma la fioritura dell’arte romanica dopo l’anno Mille con la necessità di recuperare spazi e materiali pregiati per le costruzioni, e la crescente insofferenza estetica per l’arte cosiddetta barbarica.
Oggi solo grazie a ritrovamenti fortuiti e rarefatti nei secoli e a campagne recenti di scavo archeologico, sono stati riportati alla luce frammenti architettonici, monili, lapidi ed epigrafi funerarie, pezzi di sculture che sono confluiti nelle raccolte civiche e allestiti nelle sale museali del Castello Visconteo.
Eppure proprio negli ultimi anni questo pezzo di storia di Pavia poco conosciuta è tornata alla ribalta accendendo i riflettori su luoghi di grandissima suggestione, quasi sempre lontani dagli occhi  dei turisti. La basilica di San Michele Maggiore, San Pietro in Ciel d’Oro, Sant’Eusebio, San Salvatore, Sant’Agata al Monte. Una Pavia nascosta dunque, che ora possiamo riscoprire anche grazie alle tecnologie multimediali che sono state utilizzate per realizzare approfondimenti e suggestioni fruibili nella sezione longobarda permanente dei Musei civici del castello di Pavia, prima e fondamentale tappa per chiunque voglia riscoprire ciò che resta del popolo longobardo nel capoluogo pavese.

Basilica di San Michele Maggiore

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Basilica San Michele Maggiore

Piazza San Michele

Si tratta di una delle prime chiese intitolate a san Michele Arcangelo ed è documentata per la prima volta nell’età di Grimoaldo (662-671). Con buona probabilità la sua fondazione risale proprio a quel periodo. Nel X secolo l’edificio compare nei documenti con il nome di San Michele “Maggiore” e viene indicato come chiesa palatina, cioè legata al palazzo dei re carolingi, che doveva trovarsi pochi isolati più a Nord.
Oggi la basilica si presenta ai visitatori con pietra arenaria, tenera e di colore giallastro proveniente dal vicino Oltrepò. La grande facciata a capanna è caratterizzata da tre grandi portali a profonda strombatura che corrispondono alle tre navate interne; su quello centrale spicca San Michele.

Santa Maria delle Cacce

Santa Maria delle Cacce

Via Scopoli

Deve il suo nome al fatto che sorgeva fuori le mura, ove i re longobardi si recavano a caccia e secondo la tradizione, fu fondata nel 747 dal re Rachis. Della chiesa longobarda rimangono in luce le finestre verso l’esterno e la colonna in marmo cipollino, all’interno, che costituisce l’unica traccia che separava la navata centrale da quella sinistra. La cripta sembra di poco più tarda. Con il trascorrere del tempo la chiesa andò in rovina e fu in gran parte ricostruita nel 1670, per poi essere completamente riedificata in altro stile nel 1936. In questa occasione si celarono sotto l’intonaco cospicue tracce della costruzione longobarda.

Cripta di Sant’Eusebio

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Cripta Sant’Eusebio

Piazza Leonardo da Vinci

Sono i resti di un edificio di antiche origini, già esistente al tempo del re longobardo Rotari (636-652) e utilizzato come cattedrale ariana. L’edificio ha subito una prima ristrutturazione architettonica in epoca romanica, tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo e un secondo intervento nel XVII secolo. Sconsacrata agli inizi dell’Ottocento, la chiesa venne abbattuta nel 1923 per consentire l’erezione del Palazzo delle Poste. Fu risparmiata la sola cripta, che rimase però interrata sino al 1968, quando si decise di portarla alla luce, restaurarla e di proteggerla con l’attuale tettoia.

Chiesa di San Giovanni Domnarum

Cripta San Giovanni Domnarum

Via Mascheroni, 36

Costruita per volere della regina Gundiperga, figlia di Teodolinda, la chiesa di San Giovanni Domnarum, nonostante sia stata riedificata integralmente nel Seicento, conserva ancora la cripta di età alto medievale. Sembra che l’edificio originario, sorto su un antico ambiente termale romano, fosse costituito da un nucleo rotondo, al quale fu aggiunta una parte rettangolare. Sulla facciata, all’interno del rosone centrale è visibile la fondatrice, Gundiperga, rappresentata nell’atto di donare il modellino della chiesa alla Vergine, mentre nei rosoni minori è raffigurato da un lato un santo barbuto, dall’altro San Biagio con il pettine dei cardatori, strumento del suo martirio. Al di sotto del presbiterio e dell’abside si sviluppa la cripta, parte più antica dell’edificio, risalente alla fase proto romanica, ma che include porzioni murarie di età precedenti. La cripta venne riscoperta agli inizi del Novecento e successivamente riaperta.

Monastero di San Pietro in Ciel d’Oro

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San Pietro in Ciel d’Oro

Piazza San Pietro in Ciel D’Oro

Si tratta di una basilica romanica sorta nel luogo in cui esisteva una più antica chiesa costruita o rinnovata durante il regno di Liutprando, re longobardo dal 712 al 744. A lui si deve la traslazione delle spoglie di Sant’Agostino dalla Sardegna a Pavia, conservate in una cassetta reliquiario metallica dell’VIII secolo, entro l’altar maggiore, alla base dell’arca marmorea. Nella stessa chiesa è stato sepolto anche re Liutprando. Alla base del pilastro destro dell’arcata d’accesso al presbiterio si può leggere l’iscrizione latina Hic iacent ossa regis Liutprandi. È possibile che la chiesa originaria avesse un soffitto in legno dorato, da cui derivò il nome.

Monastero di Teodote (Seminario Vescovile)

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Via Menocchio, 26 monastero_santa-maria

L’ex monastero femminile di Santa Maria Teodote, detto anche della Pusterla perché sorto vicino ad un accesso pedonale presente nelle antiche mura della città, fu probabilmente fondato nel VII secolo, durante il regno del re longobardo Cuniperto, da un personaggio nobile di nome Gregorio. La struttura ospitava una cappella intitolata a San Michele, l’angelo guerriero particolarmente venerato dai Longobardi. Dall’oratorio, perduto come l’intero complesso altomedievale, provengono i Plutei di Teodote, tra i più alti esemplari di scultura longobarda pervenuti fino ai nostri giorni, conservati presso i Musei Civici di Pavia. Il nome del monastero farebbe riferimento alla giovane Teodote, violata dal re longobardo Cuniperto e poi lì rinchiusa.

Complesso di San Salvatore

San Salvatore

Via Riviera, 20

San Salvatore è una fondazione longobarda edificata verso la metà del VII secolo che si lega alla figura di re Ariperto I. Secondo Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum, Ariperto I avrebbe fondato la chiesa di San Salvatore, posta al di fuori della città, nella zona ovest, arricchendola di decorazioni e dotandola di quanto necessario al suo sostentamento.

In diversi passi della Storia dei Longobardi Paolo Diacono fa più volte riferimento alla chiesa come luogo di sepoltura di diversi sovrani longobardi, discendenti di Ariperto I: Pertarito, Cuniperto ed Ariperto II.